I miei genitori

Giovanni Vasca e Ans Wiegerinck

"La parola scritta serve a rammentare noi a noi stessi,

testimoniandoci che certi momenti e sentimenti del passato non furono un sogno.

Nel fiume travolgente del tempo una fragilissima pagina può costituire un pilastro."

frase riportata sul frontespizio dei quaderni-diario di Giovanni

Giovanni è stato medico. All'inizio della sua carriera per diversi anni è missionario per il CUAMM in Africa. Il 31 Agosto 1961 nella missione di Assin Foso in Ghana, padre Giebels celebra il matrimonio di Giovanni ed Ans, infermiera olandese con l'associazione MEMISA. Ans è anche lei per diversi anni volontaria nello stesso dispensario del villaggio, poi divenuto, grazie alla loro opera e a quella di tanti altri, un ospedale ancora oggi attivo. Rientrati in Italia, Giovanni e Ans si stabiliscono a Giugliano, accudendo i quattro figli (Vincenzo, Ermanno, Francesco e Roberto) e continuando a dedicarsi, in modi diversi, a tante persone. Giovanni è stato anche fratello laico associato all’Istituto dei Fratelli Maristi di Giugliano. Ans è finita nel 1997, affetta dalla Malattia di Crohn per circa dieci anni durante i quali si è sempre sentita molto vicina alle Suore Missionarie della Carità. Giovanni, malato di Alzheimer dal 2008, è finito nel 2014. Entrambi hanno cercato quotidianamente nelle diverse vicende della vita di testimoniare la loro fede in Dio.

Johanna (Josepha Maria) Wiegerinck, detta Ans, nasce il 18 Maggio 1926 a Zevenaar, piccola cittadina nel sud-est dell'Olanda nei pressi di Arnhem vicino al confine con la Germania. Il padre Hermanus (Gerhardus Hendrikus Maria) Wiegerinck era proprietario di una fabbrica di mattoni, poi andata in fallimento durante il periodo della seconda guerra mondiale. La madre Everardina (Maria Anna) Schaars era casalinga.



Una famiglia numerosa

Ans ha vissuto l'infanzia in una famiglia agiata e numerosa. Nella foto qui a fianco è con le 3 sorelle e i 2 fratelli. Lei è la seconda da sinistra; cominciando da sinistra sono Maria Herminia detta Riet (1918-1944), Ans, Johannes Petrus Jacobus detto Jan (1928-2000), Cornelia Maria detta Cor (1919-2011), Franciscus Augustus Maria detto Franz (1921-1966) e Rosina Maria Theodora detta Zus (1916-1995?).



La scelta di fare l'infermiera

Fin dalla sua adolescenza Ans è stata una ragazza molto sveglia e intraprendente. Dopo avere ultimato le scuole superiori consegue il diploma di telefonista e comincia a lavorare nella città di origine. Successivamente consegue il diploma di infermiera e, insieme ad altre due amiche del corso, decide tramite l'associazione MEMISA di partire per la missione in Assin Foso (Ghana).



Il servizio in Africa

Ans trascorre in Ghana diversi anni. In età avanzata Giovanni ricorderà spesso due episodi del loro periodo trascorso in Africa. Il primo episodio coincide con l'arrivo di Giovanni a Foso: le tre infermiere olandesi attendevano con trepidazione l'arrivo dell'annunciato medico italiano, immaginandolo grande ammaliatore e bravo cantante napoletano. Il carattere minimalista di Giovanni e il fatto che fosse stonato le lasciò alquanto intererdette. Ma evidentemente impararono ad apprezzarlo col tempo. Il secondo episodio riguarda un intervento chirurgico. Era arrivato alla missione un paziente che doveva urgentemente essere operato, non c'era tempo di trasferirlo all'ospedale in città. Giovanni però non aveva mai eseguito quel tipo delicato di intervento chirurgico ed era incerto. Ans non si perse d'animo e propose la soluzione: leggendo il manuale medico lei avrebbe guidato il bisturi di Giovanni alle operazioni necessarie. L'intevento ebbe successo!



Il matrimonio

La vicinanza lavorativa tra Ans e Giovanni diventa sempre più anche vicinanza affettiva. Si innamorano e decidono di sposarsi. Il settimanale cattolico "The Standard" del 10 Settembre 1961, riportando in prima pagina la notizia del loro matrimonio diceva "... La Chiesa era piena di persone, Cattolici e non, dalla città di Foso, molti dei quali hanno espresso la loro ammirazione per la semplicità della cerimonia." Anche il loro matrimonio è stato immagine della semplicità che cotraddistinguerà il resto della loro vita.



Una olandese orgogliosa della terra di adozione

Nel 1962, in Foso, nasce Vincenzo il primogenito. Nel 1963, in attesa del secondo figlio, Ermanno, Ans e Giovanni decidono di rientrare in Italia e di stabilirsi a Giugliano.All'inizio vivono in una piccola stanza della costruenda casa di Via Fratelli Maristi 71 (allora via Provinciale 70), quella che diventerà la loro casa. Sicuramente per Ans non è semplice abituarsi alla mentalità ancora un po' rurale della provincia napoletana. La calda accoglienza della famiglia di Giovanni le rende più semplice ambientarsi, ma la nostalgia della terra di orgine non manca. Per diversi anni e spesso in compagnia dei figli rientra in Olanda per brevi periodi per mantenere i contatti con la famiglia. Ben presto la casa di Giugliano diventa un punto di riferimento per tanti parenti e amici olandesi che vengono a trascorrere brevi periodi di vacanza in Italia. Il dono dell'accoglienza caratterizzerà in modo spiccato il resto della vita di Ans e anche il modo come con decisione guiderà la famiglia e la casa.

Nel 1967 nasce Francesco, nel 1969 Roberto.

Grazie ad Ans la casa di Via Fratelli Maristi è sempre aperta per gli amici dei figli, chiunque lo desideri trova la porta aperta, uno spazio per giocare a ping-pong o per tirare due calci al pallone nel cortile. Tra le stanze della casa ce n'è una che i figli, con naturalezza, sanno si chiama "la stanza degli ospiti". Tutti si sentono come a casa propria.



Semina, semina

Tra gli scritti di Ans abbiamo trovato riportate queste parole di un anonimo: "Semina, semina: l'importante è seminare - poco, molto, tutto - il grano della speranza. Semina il tuo sorriso perché splenda intorno a te. Semina le tue energie per affrontare le battaglie della vita. Semina il tuo coraggio per risollevare quello altrui. Semina il tuo entusiasmo, la tua fede, il tuo amore. Semina le piccole cose, i nonnulla. Semina e abbi fiducia: ogni chicco arricchirà un piccolo angolo della terra."



La casa di Spigno

Lo spirito di accoglienza si vive anche nella casa di vacanze che Ans e Giovanni costruiscono a Spigno Saturnia (Latina). Tanti hanno lasciato un segno del loro passaggio a Spigno scrivendo un pensiero nel "libro degli ospiti". Il carattere forte e deciso di Ans si accompagna sempre alla gioia di potere ospitare gli altri.



La testimonianza nella malattia

Nel 1987 cominciano i primi segni della malattia. ansa è affetta sia da un forte osteoporsi che dal morbo di Crohn. Purtroppo è anche allergica a molti medicinali. I contrasti con Giovanni non mancano, ma lei saprà trovare la sua dimensione. Pur affrontando momenti difficili, Ans non si perde d'animo e, seguita nel suo cammino spirituale da padre Mario, continua a praticare il suo stile di accoglienza cercando di rendersi utile per gli altri pur non uscendo più di casa. E allora, Giovanni G. impara a disegnare e a fare a maglia, Antonio d.M. trova sempre un piatto caldo ogniqualvota col figlio bussa alla casa, John A. riesce a torvare lavoro in Italia e battezza la figlia col nome Ans. Per lei sono molto importanti il contatto con le Suore Missionari della Carità di Napoli e gli scambi epistolari con don Antonio R. Vescovo.



Fino alla fine

Ans amava riscrivere nel diario alcune preghiere e dedicare a persone conoscenti e non le sue giornate. Abbiamo trovaot questa preghiera di Helder Camara: "Benedetto sei tu, Padre, per la sete che ci fai sentire; per i piani coraggiosi che ci ispiri; per la fiamma - e sei tu stesso - che arde in noi ... Cosa importa che la sete rimanga in gran parte bruciante? Cosa importa che i progetti rimangano di più sulla carta di quanto passino nella realtà? Chi meglio di te sa che il risultato non dipende da noi e che tu ci chiedi soltanto un massimo di abbandono e di buona volontà?".

Ans torna alla casa del Padre il 12 Marzo 1997.

Giovanni Vasca nasce il 10 Gennaio 1931 a Giugliano, popolosa città in provincia di Napoli. Il padre Vincenzo era insegnante di scuola elementare, così come la madre Maria Camerlingo.


Il cammino formativo verso la laurea

Dal 1937 Giovanni frequenta la scuola elementare presso il Primo Circolo Didattico in Piazza Gramsci. Trascorre l'infanzia vivendo nella casa di Via Biagio Riccio 14, con il fratello Raffaele e le sorelle Anna, Vittoria, Adele e Rosa. Dal 1941 frequenta i primi 3 anni del ginnasio (scuola media) presso l’Istituto Domenico Cirillo di Aversa e poi il IV e il V ginnasio presso la Scuola dei Fratelli Maristi di Giugliano in Corso Campano. Nel 1946 si iscrive al Liceo Classico Vittorio Emanuele di Napoli, dove nel 1949 consegue la licenza liceale. Il 17 Aprile 1956 si laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II (iscritto all'Albo professionale dei Medici della Provincia di Napoli con numero 9679).


L'impegno in Azione Cattolica

Fin dalla sua adolescenza Giovanni è molto impegnato nell'Azione Cattolica. I nomi degli amici di quel tempo Pietro M., Antonio F. e Renato D.M., rimarranno ricorrenti anche nei suoi ricordi di vecchiaia. Si dedica all'animazione di diversi gruppi parrocchiali, e in particolare del gruppo interparrocchiale San Gerardo Majella presso la Chiesa di Santa Sofia. Nel 1951 è lui il delegato degli Aspiranti (assistente don Carmine Ciccarelli) quando l'associazione vince il primo premio nazionale dell'Azione Cattolica per Cultura Religiosa.


L'arte oratoria

Sfiora anche l'impegno in politica, partecipando nel Maggio del 1956 alla campagna elettorale per la Democrazia Cristiana e tenendo comizi nelle piazze di Giugliano e dei paesi vicini, comizi spesso ancora vivi nella memoria di tanti cittadini giuglianesi allora giovani. Erano gli anni del "muro contro muro" tra la Democrazia Cristiana (il bianco fiore) e il Partito Comunista Italiano (il gallo). In uno dei comizi, compiaciuto di una brillante risposta ricevuta da Giovanni, una persona dal pubblico gli gridò in dialetto " 'O saje dicere a smerza e a deritta!". Alcuni altri che arrivavano tardi e chidevano "Ha già parlato il dottore Vasca?", a risposta affermativa andavano via delusi. Constatato il fatto, gli organizzatori dei comizi cercavano di farlo intervenire per ultimo in modo da trattenere la folla interessata. Non si candidò mai, forse perché la Provvidenza aveva riservato per Giovanni strade diverse dalla politica.


Gli avvenimenti inattesi ... un suo pensiero

"Ci sono avvenimenti nella vita che sembra non possano mai capitare e che poi arrivano attraverso una serie di coincidenze non cercate, né preparate e si avverano così come avevamo desiderato. Da allora quel momento resterà nel nostro cuore come un ricordo bellissimo, forte e indistruttibile, a dimostrare che esso non fu un sogno, ma una splendida realtà."


La nascita di una vocazione missionaria

Subito dopo la laurea, nonostante le numerose e fraterne amicizie che lo tenevano legato alla terra natia, Giovanni comincia a maturare il desiderio di qualcosa di diverso, un nuovo percorso che avrebbe segnato la sua vita. La scintilla è un articolo sul numero del 15 Maggio 1954 della rivista "Venga il tuo regno", nella quale si riportava la notizia della partenza per missioni in Africa di alcuni giovani medici. In segreto dalla famiglia e aiutato da amici sacerdoti, Giovanni avvia una corrispondenza col CUAMM di Padova. Dopo pochi mesi è già impegnato nel periodo di formazione previsto e il 19 Agosto 1957 il giovane medico Giovanni arriva per la prima volta in Kenya, prima nell'ospendale di Nkubu e poi nella missione di Kyeni, diocesi di Meru.

Il servizio in Kenya

Arrivato a Kyeni Giovanni trova poco più di un dispensario che poteva accogliere circa 20 malati. Tra i tanti amici di quel tempo Giovanni ricorderà per sempre la figura di padre Fiandrino e quella frase che gli rivolse in un momento di sconforto per le difficoltà del servizio agli africani: "Caro dottore, il nostro compito è uno solo in questo momento, anche se non darà un risultato immediato e appariscente, ed è un imperativo categorico: Bisogna amarli!". Nei monenti difficili gli sono di grande sostegno l'amicizia col dott. Dal Lago e le corrispondenze epistolari con Teresa V. e Franca S., due amiche conosciute in Italia. Collaborando con padre Fiandrino, giorno dopo giorno si impegnano nella costruzione di una nuova ala dell'ospedale che in pochi anni raggiunge oltre 50 posti. Giovanni impara la professione di medico sul campo. In un articolo sulla rivista CUAMM racconta i suoi tanti interventi chirurgici eseguiti con successo nonostante i pochi mezzi a disposizione: appendicectomie, tagli cesarei, isterectomie, colecistectomie, ernie, asportazione di cisti ovariche. Non mancano alcuni momenti di svago: della sua passione di scalatore gli resterà per sempre impressa la scalata di punta Lenana del monte Kenya a 4.960 metri di altitudine.


... e poi in Ghana nasce una nuova famiglia

Rientrato in Italia per una breve vacanza, il 7 Aprile 1961 Giovanni riparte per l'Africa, ma questa volta alla volta della missione di Assin-Foso in Ghana. Ad accoglierlo tre infermiere olandesi, tra cui Ans che di lì a pochi mesi diventerà sua moglie. Il 13 Aprile 1962 nasce Vincenzo, "Cofi" come era chiamato dagli indigeni per essere nato di Venerdì. L'esperienza africana resterà per sempre nel cuore di Giovanni, tanto da spingerlo a scrivere un romanzo, "Il Galantuomo", che sarà pubblicato a capitoli nei numeri dell'anno 1975 nella rivista "Venga il Tuo Regno". Il 29 Aprile 1963 Giovanni ed Ans, in attesa del secondogenito, rientrano in Italia e si stabiliscono nella casa in Via Fratelli Maristi 71 (allora Via Provinciale 70), di cui la famiglia Vasca aveva avviato la costruzione l'anno precedente.


Ripensando all'Africa

"Certamente resterà indimenticabile tutto ciò che ho vissuto durante gli anni passati in Africa e indistruttibile la ricchezza che quel periodo della mia vita ha donato al mio carattere, al mio modo di pensare e soprattutto al mio cuore per il prezioso tesoro di conoscenze, amicizie, condivisione, solidarietà, disponibilità, affetti e infinite altre esperienze grandi e piccole capaci di costruire, al dispora della quotidianità ripetitiva, un edificio molto più luminoso e significativo che occupa "i piani alti" del nostro passaggio in questo mondo."


Il servizio di medico e la vita familiare

Rientrato in Italia, Giovanni esercita come medico generico, della Cassa Mutua Artigiani e poi del servizio sanitario nazionale presso il presidio di Sant'Antimo. Si dedica alla vita familiare, seguendo soprattutto la crescita dei figli e accompagnandoli quasi sempre con il sostegno e la fiducia. A volte è esigente e severo. Parsimonioso nelle spese e dedito al risparmio. Nel tempo saprà riconoscere gli errori commessi come padre, senza fare mai mancare il suo affetto per i figli. Negli anni 70 viene costruita la casa di Spigno Saturnia (Latina), un luogo che sarà molto importante per la crescita dei figli grazie soprattutto alla dedizione cui vi si dedicherà la moglie Ans. L'assiduità alle pratiche religiose non gli è mai mancata. Ha frequentato le parrocchie di San Nicola e San Marco, ma soprattutto la comunità dei Fratelli Maristi che il 2 Febbraio 1991 lo accoglie nell'albo dei suoi affiliati. Nel 1997 muore la moglie Ans. Nel 2001 Giovanni al compimento dei 70 anni, va in pensione.


Il suo saluto alla pensione

"In ogni luogo, piccolo o grande, in ogni giorno, nuvoloso o limpido, dobbiamo avere un cuore aperto a sentimenti profondi e all’attenzione per chi ha bisogno di noi. Solo allora ogni istante sarà prezioso e il nostro cammino nella vita non sarà vano, ma ci condurrà alla luminosa dimensione dell’eternità."


I viaggi in Australia

Giovanni non ha mai abbandonato il sogno di potere reincontrare l'amica Teresa V. che vive in Australia e con la quale ha mantenuto contatti epistolari. Abitudinario e metodico nel quotidiano, Giovanni dimostra nella sua vita slanci improvvisi di novità. Tra il 2005 e il 2006 Giovanni compie 3 viaggi in Australia, ciascuno trattenendosi per alcuni mesi. Solo i primi segni della malattia gli impediranno di perseguire il desiderio di tornare ancora in quella terra.


Un carattere che non si perde nella malattia

Nel 2008 cominciano ad affiorare i primi segni della malattia di Alzheimer. Giovanni sembra rendersene conto e la scelta di intestare ai figli tutti i suoi beni e proprietà forse è frutto di questa consapevolezza. Dal 2011 Giovanni è allettato. Lo accompagnano e accudiscono Pina, Ida, Bianca, Elena e Marianna. Giovanni conserva il suo carattere anche nella malattia e pur perdendo gradualmente le capacità cognitive riesce sempre ad instaurare un rapporto empatico con le persone che gli sono vicino. L'8 Gennaio 2014 Giovanni torna alla Casa del Padre: il suo ultimo respiro è accompagnato da un forte abbraccio tra tutti i figli.

Testimonianze, ricordi ...


Abbiamo vissuto insieme un'infanzia serena, ricca delle cure affettuose dei nostri genitori, prodighi di esempi lodevoli. Negli anni siamo stati sempre orgogliosi di un tale fratello. Fu sempre pronto ad aiutare gli amici e quanti avevano bisogno di lui, corteggiato da molte ragazze, sempre amante del proprio lavoro, stimato da quanti lo hanno conosciuto. Quando partì per l'Africa in famiglia si respirò, e non per poco tempo, aria di lutto; ogni sua lettera era attesa con profonda ansia (a quel tempo a Giugliano esisteva un solo telefono pubblico, in un bar, da potere usare su prenotazione!). Professionalmente in Giovanni abbiamo avuto non un medico, ma il Medico; è stato sempre pronto e mai superbo della sua bravura. Ha lavorato con profondo senso del dovere a cui era chiamato, concedendosi solo il riposo necessario. Ha seguito i quattro figli con amore e responsabilità. Quanta pena nel vederlo soffrire tanto negli ultimi anni della sua vita. La sua esistenza terrena è finita ma restano i valori da lui coltivati e tramandati con l'esempio ... e questi non possoo morire.

"Singula de nobis annu praedantur euntes" (Ci strappano via ogni bene andandosene gli anni, Orazio, Epistole II, 2).

Anna Vasca



Parlare di Ans significa affermare che sin da quando vidi la sua fotografia inviataci dall'Africa (avevo allora circa 15 anni) suscitò in me tanta simpatia, difatti andavo a baciarla. Conoscendola poi di persona ho sperimentato che con lei mi trovavo bene ed emotivamente mi legavo a lei con naturalezza. Lei è stata per me un punto di riferimento e di sicurezza specialmente in momenti importanti della mia vita, come la nascita e la crescita dei miei figli. E' stata sempre pronta a mettere le sue competenze al servizio sia dei parenti che delle persone estranee. Essendo io abbastanza ansiosa, la sua presenza fisica e la sua partecipazione agli eventi più difficili mi incutevano serenità. Aveva un carattere forte ma utilissimo per far maturare gli altri e spingere ad accettare diversamente le complicazioni che si incontrano nella vita. Avevo uno sfogo con lei nelle mie difficoltà perché mi sentivo capita ma non commiserata, difatti le sue opinioni spesso costituivano per me un'occasione per ripensamenti. Moltissimi pomeriggi trascorrevo in sua compagnia, perché ne avvertivo la necessità. Il nostro rapporto fu sempre sincero, perché ognuna di noi due con tanta apertura poteva condividere o meno l'opinione dell'altra senza intaccare per questo l'affetto.

Del tempo passato insieme ho ricordi molto belli e significativi. Prima che arrivasse la data del parto del mio secondogenito, Ans cercò di convincermi a partorire in casa da lei assistita. Decisi invece per la clinica ed Ans mi accompagnò al ricovero. Dopo i controlli del caso, l'ostetrica mi disse che di lì ad un'ora mi avrebbero portata in sala parto. Ans mi controllò prima del tempo stabilito e subito si rese conto che il bambino stava per nascere. Non c'era più tempo: da sola mi aiutò nel parto e Raffaele nacque prima ancora che tornasse l'ostetrica. Fu grandissima la soddisfazione di Ans che mi disse che erano 14 anni che non collaborava ad un parto. Finalmente arrivò l'ostetrica che guardava con stupore l'accaduto e Ans la scosse dicendole: "Vuole fare ciò che ora è necessario?". Non potemmo fare a meno di osservare che i fatti erano andati come in fondo Ans desiderava: aiutarmi nel far nascere il bambino.

A volte qualcuno mi ha detto: "Da ciò che dici, si percepisce che eri affettivamente molto legata a tua cognata, mi sarebbe tanto piaciuto conoscerla perché doveva essere una bella persona". Questo dimostra che tra le persone il legame fondamentale deriva dal come ci si accoglie e ci si comprende.

Adele Vasca



Caro Giovanni,

mi piace ricordarti nella nostra comunità marista di Giugliano "nella quotidianità", perché tu eri e ti consideravi parte di questa famiglia. Nella quotidianità vuol dire ricordarti insieme con noi alle lodi e all'Eucaristia nella nostra cappella alle 7 del mattino, ogni giorno puntuale, che facesse caldo, freddo o che piovesse. Nell'ultimo periodo non riuscivi a seguire la preghiera con il libro per cui hai chiesto che ti fosse fotocopiato tutto con caratteri più grandi e leggibili ... non volevi rinunciare a recitare i salmi insieme a noi. Quel che ricordo in particolare è il momento in cui - prima della recita del Padre Nostro - avevi l'occasione per esprimere personalmente la tua preghiera. Non mancavi mai di farlo ... una preghiera che sgorgava spontanea dalla tua vita di ogni giorno alimentata dal Vangelo.

Terminata l'Eucaristia, seguiva la colazione consumata insieme con noi ... una tazza di solo latte e qualche biscotto. Quando non avevamo fretta di scappare per impegni scolastici, eravamo lì ad ascoltare il racconto della tua vita, soprattutto del periodo trascorso in Africa, un'esperienza ricchissima che ti aveva segnato la vita.

Prima di lasciarci augurandoci la buona giornata, assumevi per un momento "il tuo ruolo": un consiglio, un breve controllo medico su richiesta dell'uno e dell'altro, ed infine l'immancabile blocchetto delle ricette che portavi sempre con te ... quale privilegio per noi avere un medico "di famiglia" sempre a portata di mano! E non basta, perché spesso ti vedevamo arrivare in mattinata anche con la scatola della medicina richiesta dicendo semplicemente: "L'avevo in casa, è inutile che vai in farmacia a comperarla."

Grazie Giovanni per la grande ricchezza spirituale che ogni giorno ci trasmettevi, grazie per la tua sensibilità, grazie per la tua presenza sempre disponibile nella nostra comunità, fratello tra fratelli.

Fratel Giorgio, Comunità dei Fratelli Maristi in Giugliano.



Quando ancora non la conoscevo personalmente mi capitava di vedere Ans affacciata al balcone. La ammiravo e la apprezzavo perché di aspetto signorile e fine, come di quelle "signore vere". Quando ho cominciato a frequentare Ans lei era già costretta in casa dalla malattia. Ho imparato tanto da lei, ho apprezzato la sua bontà di donna semplice e schietta, non usava apparenze, umana con tutti e pronta ad aiutare tutti. Seduta sul letto con i cuscini alle spalle era spesso a lavorare all'uncinetto, faceva coperte e centrini di filo ben lavorati ... anche a me ne ha regalato uno raffigurante l'uccello del Paradiso, e tuttora lo tengo ben caro. Si occupava con dedizione dei poveri: se qualcuno aveva bisogno di qualcosa, Ans faceva tante telefonate a persone conosciute finché non riusciva a trovare quello che le era stato chiesto e lei ne era felice. Ricordo ancora la sua felicità un giorno che era riuscita a trovare una lavatrice da donare ad una famiglia che ne aveva bisogno. Ans era sincera e schietta con tutti, pronta a contraddirti se riteneva che avessi torto. Amava tanto la sua famiglia e i suoi figli; quando rientravano in casa le si illuminavano gli occhi e subito si interessava delle loro cose, se tutto era andato bene. Ritengo sia stata una donna, madre e sposa meravigliosa. So che anocra oggi dal Paradiso continua in modi diversi le sue opere di bene.

Lucia De Caro



La prima volta che ho conosciuto Giovanni fu il 16 luglio 1955 (festa della Madonna del Carmine), quando celebrai la prima messa a Giugliano. In quell’occasione Giovanni mi dimostrò grande affetto unito al suo interesse culturale, essendo egli alla fine del curriculum universitario in medicina. I nostri parenti ne erano orgogliosi, poiché vedevano in lui onorato il proprio sangue, avendo in famiglia un professionista dopo gli anni di guerra. Egli mi confidò che desiderava esercitare la professione medica in Africa. Gli proposi di scrivere alla Rivista del Clero, la quale in un articolo parlava di un sodalizio medico-missionario (CUAMM) esistente a Padova. Il sodalizio ebbe successo ... L’affetto di Giovanni e dei suoi genitori, del fratello Raffaele e delle sorelle, si manifestò con afflato religioso verso di me quale sacerdote, quando nel pomeriggio andai alla loro casa paterna. Infatti, appena ne varcai il portone, dove venne a prendermi, sentii per l’aria del cortile e delle stanze di casa l’Ave Maria di Schubert diffusa da un disco di grammofono, con la quale mi volle accogliere. Al canto dell’Ave Maria schubertiana mi condusse nel soggiorno dove mi aspettavano i suoi genitori con tutta la famiglia, per intrattenerci insieme gustando ottimi dolcetti.

Sapendo che mi dilettavo di pittura, una volta mi chiese che gli dipingessi un’Icona bizantina della Madonna Eleusa, che avrebbe appeso nello studio medico. Gliela dipinsi a olio e pastelli su compensato. Nella personalità umana e professionale di Giovanni mi sembra di cogliere queste doti: discernimento e discrezione, sobrietà di vita e carità disinteressata, pietà religiosa e obbedienza alla Chiesa, cura della famiglia e prudenza nella vita politica.

p. Gennaro Antonio Galluccio osb



Chi ha conosciuto Giovanni, il dott. Giovanni Vasca, ha avuto la fortuna di conoscere una persona speciale. Un uomo di immensa umanità e di rara sensibilità; di una umiltà e di una modestia pari solo alla sua generosità; di una simpatia contagiosa che lo rendeva, a tratti, irresistibile. Egli non faceva il medico, era medico. Svolgeva il suo lavoro con la naturalezza e la semplicità di chi considera normale ciò che agli occhi della maggior parte di noi risulta fuori dal comune.

Da quando non c’è più, tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di averlo come amico ci sentiamo più soli. A me, personalmente, manca tanto. Mi mancano i suoi consigli, i suoi racconti, gli aneddoti di quella stagione avventurosa e straordinaria da lui vissuta in Africa, come medico missionario, prima da solo e poi con l’adorata compagna.

Mi mancano le sue attenzioni, le sue premure affettuose, la sollecitudine con cui si interessava al mio lavoro, le sue esortazioni a non stancarmi, la tenerezza quasi paterna di cui mi circondava, le letture che spesso mi consigliava e che offrivano spunti alle nostre conversazioni.

Caro Giovanni, consentimi in questa ultima occasione di rivolgermi a te con quel tono confidenziale che tu tante volte reclamavi e che io, per quella forma di rispetto che si deve a un maestro, non sono stata mai capace di adottare. A nome mio e di tutti i miei cari ti dico grazie per il tuo esempio, i tuoi insegnamenti e la tua sconfinata pazienza. Dal cielo, dove senz’altro ti trovi, prega per me che non ti scorderò mai.

Paola Speranza



Per un adolescente di Azione Cattolica è piuttosto normale che nell’esperienza associativa, per quanto intensa, sconti, come i suoi coetanei, pensieri e ansie di novità nel percorso formativo proprio della dinamica di gruppo. Gli interrogativi frequenti sulle ragioni dell’essere, in generale, saranno solo in parte soddisfatti dagli studi e dal supporto familiare. Il bisogno di conoscere è di fatto, spesso, inconsapevolmente bisogno di modelli.

Capirò, via via nel tempo, l’importanza dell’influenza esercitata da Giovanni, brillante giovane medico, da me percepito come leader e non solo dei giovani. Insieme a tantissimi altri riuscivo a cogliere, pur con i miei limiti, i segni del Suo agire nella comunità ecclesiale largamente sollecitato e manifestato anche attraverso l’animazione della società giuglianese, ancora troppo chiusa. E sempre con lo stesso ardore dell’amore cristiano, in uno coi tratti di schiettezza e riservatezza, profuso da “pellegrino” in soccorso delle sofferenze e delle oppressioni in terra d’Africa.

Giovanni s’imponeva riferimento certo nell’impegno che nel tempo avrei assunto nell’Azione Cattolica fino a livello nazionale e poi in ambito politico. La stima e la gratitudine per Lui crescevano al di là delle frequentazioni, evidentemente scarse date le mie prolungate assenze dalla città. La Sua testimonianza cristiana e civile si conferma un patrimonio sempre attuale e prezioso, peraltro rinnovato, a vantaggio delle nuove generazioni, dai carissimi figlioli.

Antonio Iodice



Giovanni, uomo di fede, non una fede bigotta o "fai da te", ma una fede radicata nell'ascolto della Parola di Dio. Ogni giorno, dopo le visite ai suoi pazienti, prima di rientare a casa si fermava presso la parrocchia di San Nicola e sostava a lungo davanti al Santissimo. Impegnato nella vita ecclesiale, ma soprattutto in quella sociale. Eravamo in piena campagna elettorale, il clima era rovente. Non potevamo restare alla finestra a guardare. Mobilitammo tutte le associazioni parrocchiali e scendemmo in campo. Invitammo i giovani a fare comizi nelle varie piazze di Giugliano. Giovanni era bravissimo ad entusiasmare i giovani che accorrevano in massa.

Giovanni sapeva anche accettare gli scherzi e ricambiarli. Eravamo soliti nella festa di San Francesco andare a fare gli auguri a mons. Francesco Riccitiello. Un anno facemmo uno scherzo a Giovanni riempendo la sua sfogliata frolla con sale, pepe e peperoncino. Lui la mangiò senza battere ciglio. La nostra delusione fu grande. Ma non bastò, perché ebbe la costanza di aspettare un anno per "ricambiare" lo scherzo: l'anno successivo infatti, fatti gli auguri di rito, senza farsi notare spruzzò una fialetta puzzolente e scappò via lasciandoci ad aprire porte e finestre senza capire da dove provenisse quella puzza nauseante.

Sfidava tutto, perfino i temporali. Lo incontravo spesso sotto una pioggia battente, senza ombrello e senza cappotto. E se qualcuno lo invitava a coprirsi, lui rispondeva con un sorriso e continuava dritto per il suo cammino.

Titina Ferrara